Study for the female body

Federico Guarino | Aprile, 2022 | them


Proviamo a immaginare il Paradiso senza Beatrice o Leopardi senza Silvia come dirimpettaia. Le peregrinazioni di Ulisse senza Penelope che lo aspetta tessendo e disfacendo la sua tela. Possiamo tentare con tutte le nostre energie e comunque falliremo. La donna è troppo importante, troppo determinante per la vita di ogni essere umano perché possa essere messa da parte e anche la storia dell’arte è costellata da innumerevoli rappresentazioni di essa. Nei secoli è stata simbolo ed emblema di ogni condizione umana, di ogni virtù e ogni vizio: fertilità nelle civiltà più antiche, grazia e bellezza con l’avvento del Cristianesimo, Amore come forza motrice della natura umana nel Rinascimento. C’è stata la figura femminile come porta d’accesso al mondo irrazionale con i Surrealisti o il disprezzo della donna moralista e sdolcinata dei Futuristi che glorificavano la guerra. Munch dipinge una Madonna sensuale con capelli di Medusa, arrivano le femmes fatales e le Giuditta di Klimt, le prostitute di D’Agata.

E poi i nudi di Luca, che da sempre gioca sporco con fotografia e anche in questo caso ne ha voluto esplorare i limiti. Me li mostrò un inverno a casa sua e osservare le sue immagini fu, come al solito, un’esperienza potente e totalizzante. Quelle donne senza volto mi si rivelarono davanti eteree e dirompenti e immagine dopo immagine non sapevo se temerle oppure se avessero bisogno di aiuto, se averne compassione o se cedere ai loro ammiccamenti. Un attimo volevo respingerle e il momento dopo desideravo possederle, unirmi a loro. Nessun sentimento riusciva a dominare sugli altri e appena i pensieri iniziavano a formarsi si disfacevano crollando su loro stessi. Continuavo a scorrere le fotografie di quelle donne e poi, a un certo punto, osservando un corpo in bianco e nero allungato, ripreso di schiena, come se si fosse insieme abbracciati sul letto, accovacciati dietro di lei, si palesò qualcosa. Visualizzai i momenti durante i quali, nel mio personale trascorso, queste emozioni avevano convissuto nei medesimi istanti e in un attimo tutto divenne più chiaro e le foto di Luca ancora più potenti: sensazioni simili le avevo provate esperienziando l’assenza. Quel sentimento inspiegabile di vuoto totalizzante, inquietante ossimoro che prende piede in tutti noi quando ci manca profondamente qualcosa.

[…]
Migliaia di notti ho aspettato
[…]

Bramiamo ardentemente l’oggetto del nostro desiderio, ma senza gioia: ci affligge il continuo pensarci.
La nostra mente ci tutela di tanto in tanto raccontandoci che in realtà non ci interessa, ma di notte sogniamo di possederlo svegliandoci madidi di sudore; il male che provoca la sua assenza è così grande che proviamo odio per esso ma anche temiamo il suo arrivo o il suo ritorno nonostante sia la cosa che più vogliamo per noi. Ecco di che cosa parlavano quei corpi, ora invadenti, allungati come a voler forzatamente occupare tutto lo spazio disponibile del fotogramma, ora rannicchiati e sulla difensiva, impotenti come ghiaccio sotto il sole. Erano esorcismi di antiche paure? Simulacri davanti ai quali pregare? Forse mostri da distruggere attraverso l’arte, i quali, una volta impressi sulla carta e diventati a loro modo tangibili, fanno meno paura di quando stanno nascosti e indisturbati negli angoli più remoti della mente come molesti e instancabili tarli. L’arte serve in fondo anche a questo: a tentare di star meglio.

[…]
Vi guardo, corpi
Sono lì con voi
[…]

La produzione artistica, infatti, non è sempre e solo frutto della volontà dell’artista. L’arte è anche il mezzo del quale l’artista si serve per esprimere sé stesso e la propria visione del mondo e il fatto che produca arte non significa necessariamente che lo voglia fare: alcune volte, semplicemente, non può che andare così. Alcune volte, quando a permettere il miracolo della creazione artistica è l’esigenza comunicativa dell’artista fine a sé stessa piuttosto che la volontà di produrre arte, si assiste a dei prodigi. In questi casi l’artista è come un veicolo tramite cui si compie la creazione come qualcosa di magico, di divino. Forse è per questo che le fotografie di Luca sono così potenti e s’imprimono indelebili nella memoria di chiunque le abbia trovate sulla propria strada. Hanno quella forza intrinseca e indipendente da spiegazioni di ciò che si è auto generato, come vomitato dal pentolone del subconscio dell’artista che ribolliva e di cui hanno fatto saltare il coperchio. Dirette e sincere, che siano violente o che carezzino l’anima, esse guidano l’osservatore verso emozioni e sentimenti semplici, autentici e primordiali, presenti in ogni essere umano fin dalla sua nascita e perciò travolgenti. Aprono dei canali di comunicazione tra l’osservatore, quelle donne e l’artista stesso e al cospetto di esse si provano sensazioni non comuni, assolute e molto potenti. Ed è questa l’arte dalla quale è più soddisfacente essere attraversi: quella che ci fa tremare di coinvolgimento e non solo pensare “mi piace” o “non mi piace”, considerazioni così frettolose ed egoriferite che nemmeno trovano spazio in chi s’imbatte nelle sue fotografie.

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