Design Bitches

Andrea Ceccarelli | Novembre, 2018 | us


Illusi da Warhol, ormai tutti s’aspettano i quindici minuti di notorietà promessi e pare che il design, che di comunicazione ne mastica, si sia saputo vendere come un buon mezzo per raggiungerli. Chi non può proprio far la velina si butta pronto ad ogni sacrificio a far “l’artista nel campo visuale”. Di conseguenza, il lavoro si svaluta lasciando sul mercato orde di freelance affamati. I clienti più smaliziati perdono così ogni pudore, si presentano ad orari improbabili, proponendo consenge impossibili, in cambio di scarsi pagamenti ma sicura gloria e rosei futuri lavorativi. Una sera è successo anche a noi, una di quelle storie perfette per riderci sopra.. dopo.

Il telefono squilla mentre camminiamo verso il birrificio per la solita lambrate. Dall’altra parte c’è A*****, una cliente di riguardo conosciuta quando ancora si occupava di pubblicità e non di cinema. Il tono è amichevole, ma non abbastanza da farmi intuire il pericolo. Dopo alcune chiacchiere di rito cominciano le prime timide domande per sondar la mia disponibilità, la crisi insegna a dire si. Come al solito per il cliente il lavoro è una cosa veloce – lo so che tu ci metti un attimo e poi mi fido di te – A volte non bisognerebbe cedere a certe lusinghe, ma mi dice d’avermi già inviato una mail con tutti i dettagli e riesco a chiudere solo promettendole di guardarla in serata mentre già sgomito verso il bancone per ultimo.

Mi scuso con gli amici che m’aspettano per brindare.

“Certo che alcuni clienti son capaci di chiamarti a qualsiasi ora quand’han bisogno. Son le nove, ti pare?”

Mea culpa, lancio un dibattito che non si spegne prima di diverse pinte. Storie tutte simili a questa, alcune forse ancora più tristi.

Rincaso col sorriso abbozzato di chi ha bevuto una birra di troppo e desidera solo un letto caldo. Accendo il computer per tenerci compagnia prima della buonanotte. C’è una nuova mail. Memore della chiamata leggo curioso di sapere quale ingrato compito m’attende. A***** è una persona diretta, le bastano poche parole per delineare cosa s’aspetta da te e perchè non puoi negarti. Chi mi ha visto ha detto che ho cambiato espressione riga per riga, prima sorpreso, poi preplesso infine disperato. Il lavoro non era nulla d’impossibile. Servivano alcuni elementi scenografici per un cortometraggio, il problema è che sarebbe stato girato l’indomani. I file andavano consegnati entro le sei del mattino e l’idea di una proroga non era neanche da considerare.

“Simo, hai da fare stanotte?”

Da solo la faccenda sarebbe stata complessa.

La moka ci ha fatto compagnia mentre delineavamo il piano di battaglia, cominciava così una lunga notte, nostalgico richiamo alle vigilie degli esami più difficili. Il lavoro di ricerca era già stato fatto dal cliente, a noi toccava “solo” rimboccarci le maniche e far ballar il mouse per produrre surrogati di realtà per pellicola. Come ci insegnò il vecchio Geoff Fowle in uno dei suoi workshop una grande idea può nascere in un attimo, va solo agguantata. E noi quella notte non potevamo farcene scappare nemmeno una per consegnare in tempo. Scende la notte, il silenzio è rotto solo dai click. In casa dormono, niente musica, poca luce e conversazioni monosillabiche. La fatica ci raggiunge assieme al suono della città che riprende vita. Stringiamo i denti, prima di alzare le braccia al cielo. La consegna era stata effettuata allo scoccare della scadenza, ma in risposta nessun complimento, solo un freddo ok ed i dati per la fatturazione. Giusto il tempo di uno sguardo ai colori dell’alba nella via per ristorare gli occhi dalla luce fredda del monitor e consolarsi, incrociando lo sguardo stanco d’un altro lavoratore della notte che rincasa.

Quello che avete letto è tratto da una pagina che abbiamo realizzato quasi 10 anni or sono per invisbile mag.

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