Via libera agli incubi!

Chiara Sonzogni | Aprile, 2020 | them


Qualche mattina fa, ho incontrato Luis Quintano Navarro, l’artista di Madrid che ha dato il via al progetto “Cuéntame tu pesadilla” (Raccontami il tuo incubo). L’ho fatto come si deve, dalla scrivania di casa e via webcam, ma si è tratto di un vero viaggio perché ho avuto modo di conoscere un punto di vista nuovo sul tempo che stiamo vivendo e mi è stata offerta l’occasione per un confronto, anche con me stessa.

C: Luis, hai lanciato un invito rivolto a chiunque abbia voglia di condividere un incubo fatto in questo periodo di reclusione. Di che incubi si tratta, di quelli notturni o anche di quelli ad occhi aperti?
L: Rigorosamente incubi notturni, perché solo mentre dormiamo riusciamo per un po’ a levarci la maschera del “va tutto bene” che dobbiamo tenere durante il giorno e che in realtà indossiamo per gran parte della nostra vita. Spesso vorremmo avere il coraggio di buttare fuori lo schifo che abbiamo dentro eppure le nostre sovrastrutture mentali ce lo impediscono. Anche in settimane difficili come quelle che stiamo vivendo, sembra che ci siano solo due comportamenti possibili: aggiornarsi e commentare le notizie, oppure intrattenersi con ogni sorta di attività: fare ginnastica, cucinare torte e biscotti, ballare, cantare, dipingere, vedere un film. Trovo che tutto ciò sia estremamente riduttivo. Credo che molti di noi vorrebbero poter vivere le proprie paure, senza l’ulteriore peso di sentirsi inadeguati perché non sono creativi o non hanno sete di notizie.

C: Effettivamente questo è un momento storico affollato di paure, su come gestire il presente, la mancanza e la perdita, su come affrontare il futuro e i cambiamenti che arriveranno. Credi che gli incubi possano davvero aiutare a buttarle fuori?
L: Fanno molto di più, offrono soluzioni, basta imparare a leggerli. Gli incubi infatti nascono dalla paura ma portano con sé molti più significati, sono immagini libere, come se fossero idee più aperte, pensieri che osano e che vanno oltre, per questo li definisco poetici. Attraverso l’incubo la paura si trasforma nell’occasione di andare oltre, di fare un passo più in là, di manifestare qualcosa in più. I mei disegni registrano tutto questo, non sono belli e mai hanno cercato di esserlo, però sono narrativi, raccontano e sono anche il pretesto per cominciare un dialogo su più livelli, con se stessi ma anche con il mondo che ci circonda.

C: Questo progetto nasce da una ricerca artistica già in corso?
L: No, si tratta di un lavoro nuovo, nato proprio in questo momento di reclusione, quello che resta invariato è il linguaggio. Nasce da alcune riflessioni personali scaturite all’inizio della pandemia, quando è partito il tormentone “stay at home”. Mi sono fermato a ragionare su cosa fosse la casa e mi sono dato due spiegazioni: esiste una casa alla mascroscala, che è quella della Terra e del Pianeta che mai come oggi ci sta dimostrando la sua globalità, e una alla miscroscala che è la casa che sta dentro la nostra testa. Tutto comincia da lì, dai nostri pensieri che sanno essere così persistenti da riuscire a plasmare la realtà e a limitarla. Per questo voglio dare spazio all’inconscio, perché va al di là della “scatola della nostra mente” e ci permette di avere una visione più allargata di noi e della nostra situazione.

C: Mi sembra che alcuni dei disegni non si limitano a raccontare la paura, ma vanno oltre, in alcuni mi è sembrato di cogliere delle spiccate sfumature erotiche e sensuali, non trovi?
L: Non sei la prima a farmelo notare, ma non lo faccio di proposito. Quello che ricerco è più che altro un’ambiguità, una contrapposizione tra ombra e luce, tra desiderio e proibito. Spesso teniamo al buio sentimenti importanti perché ci hanno insegnato che sono “cattivi”, ma non è così, anzi possono dirci molto su di noi. Ciò che nascondiamo non è necessariamente negativo. Di fatto il nostro inconscio è spesso trascurato e soffocato, ma nutriamo per lui una forte attrazione. Per questo credo sia giusto rendergli il giusto merito. Ad ogni modo mi piace che lo spettatore si confonda, a volte è molto più efficace lasciarsi trasportare dal flusso delle sensazioni che un’immagine provoca, piuttosto che cercare di decodificarla.

C: Parliamo di questo, ti sei fatto un’idea di come reagiscono le persone?
L: È l’aspetto più interessante. Il bello di questo progetto è che innesca un processo di dialogo profondo. Il primo scambio è quello che avviene con chi mi affida l’incubo, perché nel farlo si alleggerisce. Poi la dinamica si sposta nel confronto tra la mia immaginazione e l’incubo, infatti se in alcuni casi ricevo racconti molto dettagliati che posso solo sintetizzare, in altri casi mi vengono date suggestioni che richiedono l’intervento della mia visione creativa. Infine ci sono due reazioni, la prima è quella di chi rivede il proprio incubo e così lo rielabora o lo rivive o lo superara, e la seconda è quella dello spettatore estraneo che attraverso il disegno evoca immagini personali e dà vita a riflessioni generali, più ampie, anche politiche e sociali, vedi per esempio il disegno della statua della libertà. E poi ti confesso una cosa, tutto questo aiuta anche me perché raramente ricordo gli incubi e così nell’occuparmi di quelli degli altri riesco a dare voce al mio inconscio e alle mie paure.

C: Possiamo definire questo lavoro un’opera collettiva? Una forma d’arte partecipata?
L: Certo che sì, io in tutto questo offro solo gli strumenti per esprimere e dare voce a quello che quotidianamente cerchiamo di zittire, sono un veicolo, un mezzo…

E allora prendiamolo questo mezzo! In un momento in cui uscire dalla nostre quattro mura non ci è permesso, perché non cogliere l’occasione di uscire da quelle create dai nostri pensieri?

Per partecipare basta avere un incubo e un po’ di coraggio per raccontarlo. Potete farlo semplicemente attraverso i canali social di Luis:

www.facebook.com/luisquintano.arte
www.luisquintano.wixsite.com/arte
www.instagram.com/luisquintano.arte

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