Consigli di Lettura

Pablito El Drito | Dicembre, 2021 | them


Carlo Costa e Gabriele di Giuseppe, “Corpo estraneo. Storia di Giorgio Vale 1961-1982”, Milieu edizioni

Questo libro, appena uscito per i tipi di Milieu edizioni, affronta il tema della lotta armata nella seconda metà degli anni settanta. Un’opzione estrema, un punto di non ritorno che presero in considerazione centinaia di giovani, spesso neanche maggiorenni, in quel frangente della storia del nostro paese. Tra questi c’era Giorgio Vale, giovane della Roma bene ma anche eritreo di seconda generazione, che nonostante il colore della sua pelle abbracciò gli ideali dell’estremismo nero di Terza Posizione per poi scegliere la lotta armata aderendo ai Nuclei Armati Rivoluzionari di Giusva Fioravanti. “Corpo estraneo” è una ricerca storica che si basa su fonti orali, principalmente interviste a famigliari e conoscenti del giovane, non solo su fonti istituzionali, giudiziarie e giornalistiche. Un lavoro puntiglioso e scomodo, che oltre a raccontare l’escalation di violenza di cui si rende protagonista l’enigmatico Giorgio Vale, black italian neofascista, fa emergere la geografia “frattale” di una città divisa in zone rosse e nere, in cui più che assistere ad una guerra civile sembra di assistere ad una guerra tra bande in stile losangelino o salvadoregno negli anni ottanta. Una ricerca avvincente e rigorosa, che restituisce tutta la drammaticità della travagliata vicenda umana e politica di Giorgio Vale, ucciso poco più che ventenne in circostanze poco chiare.

Prabhat Patnaik e Utsa Patnaik, “Una teoria dell’imperialismo. Il viaggio delle merci”, Meltemi

Di imperialismo negli ultimi cinquanta anni si è parlato poco. Eppure questo tema è stato studiato in epoche passate in ambito storico, politico, economico e culturale da pensatori di rilevanza mondiale come Burke, Marx, Lenin, Lunxemburg, Gandhi e Said.  La tesi dei coniugi Patnaik, entrambi economisti marxisti indiani, è incentrata sul commercio tra le economie metropolitane del nord globale e i paesi tropicali e subtropicali del sud globale. I due autori sostengono che la domanda settentrionale di materie prime come prodotti agricoli e petrolio dal Sud abbia perpetuato e consolidato un rapporto imperialista. Rapporto che, nato nel periodo coloniale e degli imperialismi, ha mantenuto delle costanti fino al periodo odierno, post-coloniale, caratterizzato dalla finanza globalizzata. “Una teoria dell’imperialismo” è un testo importante e controcorrente, ma certamente molto impegnativo. Nonostante gli sforzi degli autori di ripetere i passaggi chiave alla fine di ogni capitolo – cosa che rende loro molto onore – è tuttavia accessibile, vista la sua complessità, solo a chi ha solide fondamenta di economia e scienza politica. Interessante anche il saggio finale di David Harvey, che attacca la teoria degli autori, mettendone il luce gli aspetti critici o semplicistici, cui segue la replica dei due autori.

Piero Cipriano, “La fabbrica della cura mentale”, Eleuthera

A otto anni dalla prima pubblicazione torna in libreria “La fabbrica della cura mentale”, il primo libro di Piero Ciprano, che ha iniziato la sua fortunata carriera di scrittore proprio con questo testo. Che, riporto le parole dell’autore “non è un romanzo, non è un saggio, non è un pamphlet e non è neppure un manuale di sopravvivenza ai luoghi e ai tecnici della cura mentale”. Questo ibrido letterario, prima parte di una trilogia di cui fanno parte anche “Il manicomio chimico” e “La società dei devianti”, è un duro atto di condanna al sistema di gestione della salute mentale del nostro  paese. Infatti, nonostante la chiusura dei manicomi nel 1978 grazie alla legge Basaglia, Cipriano ci racconta come la “cultura manicomiale” sia sopravvissuta nella gestione dei luoghi che hanno sostituito il manicomio vero e proprio. Psichiatra “riluttante”, l’autore ci svela come gli attuali Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura siano delle vere e proprie fabbriche in cui le porte sono chiuse, il primario è il direttore, lo psichiatra il tecnico specializzato e il malato la macchina rotta da rimettere in funzione. Oppure da contenere, ovvero legare coi lacci, una pratica di cui tuttora si abusa. “La fabbrica della cura mentale” è una fotografia impietosa delle “cose da pazzi” che avvengono nei luoghi di cura mentale, in cui in modo arbitrario e burocratico spesso vengono commessi abusi nei confronti di chi sfortunatamente non ha avuto accesso a cure di altro tipo. Perché, come sosteneva Basaglia, oggi come ieri in manicomio ci finiscono quasi sempre i più poveri.

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