Consigli di lettura

Pablito El Drito | Marzo, 2024 | them


Recensioni di Pablito el drito

David Graeber, Critica della democrazia occidentale, Eleuthera

Ci sono pensatori che hanno la capacità di sintetizzare concetti rivoluzionari in brevi scritti, che perciò diventano pietre miliari del pensiero politico. Graeber, in questo piccolo grande classico del pensiero libertario contemporaneo appena ristampato da Eleuthera, basandosi sulle autorevoli ricerche di storici come Scott e Rediker formula una tesi che sembra azzardata, ma che non lo è per nulla, visto che è giustificata in ogni suo passaggio: cioè che la democrazia nasce al di fuori degli stati.

Secondo l’antropologo americano le pratiche democratiche – intese come procedure decisionali egualitarie basate sulla discussione pubblica – emergono in contesti in cui soggetti eterogenei si trovano a dovere dialogare in “zone di improvvisazione culturale”. E ciò avviene negli interstizi del potere, al di fuori del controllo degli stati. La discussione e il consenso sono stati infatti fondamentali per tenere insieme formazioni militari come le navi pirate e gli opliti greci, ma anche strutture politiche come le assemblee di villaggio, o cittadine, oppure le gilde di artigiani medioevali. Questa suggestiva ipotesi, suffragata da decine di esempi anche extraeuropei, mette in crisi i concetto di “democrazia occidentale”, che viene propagandato da secoli funzionando da puntello per imperialismi e colonialismi inaccettabili per ogni vero libertario. Ma la riflessione di Graeber non è puramente teorica, anzi serve per inquadrare in maniera corretta l’emergenza di fenomeni di autogoverno come il municipalismo zapatista o quello kurdo e per dare nuove indicazioni ai movimenti che si battono per il superamento del capitalismo.

Umberto Lucarelli, Sei giorni troppo lunghi, Milieu

Diario a più voci, cronaca polifonica di un abuso di stato, il libriccino pubblicato da Milieu racconta l’arresto e la detenzione di un gruppo di giovanissimi aderenti al collettivo politico autonomo della Barona di Milano. Accusati ingiustamente e poi prosciolti da ogni accusa per il presunto omicidio di un gioielliere, i giovanissimi, di cui alcuni minorenni, vengono prelevati dalle abitazioni, devastate con la scusa della ricerca di armi, e in seguito vengono torturati con fuoco, elettricità, simulando esecuzioni e con la tecnica dell’affogamento, la stessa usata a Guantanamo contro i presunti jihadisti. Uno viene addirittura stuprato. Lo scritto, molto diretto, non lascia spazio all’immaginazione. È un atto di denuncia contro il sistema repressivo italiano, che un decennio prima, proprio nella “capitale morale” – la città in cui nacque Beccaria – aveva provveduto a sistemare il ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli simulandone il suicidio in questura. La scrittura di Lucarelli è scarna, il linguaggio proletarizzato, la punteggiatura quasi assente come nei romanzi sperimentali di Balestrini e Philopat. “Sei giorni troppo lunghi” è un pugno nello stomaco, un libro che lascia l’amaro in bocca. Quel che più fa rabbia è che quanto raccontato da Lucarelli spesso succede ancora nelle nostre carceri, sovraffollate e piene di poveri disperati che tentano sempre più spesso di togliersi la vita.

Francesco Codello, L’illusione meritocratica, Eleuthera

Meritocrazia è una parola chiave propagandata da quasi tutte le forze politiche, dalla destra alla sinistra. Soprattutto nel nostro paese, attanagliato da mali atavici come nepotismo, clientelismo, raccomandazioni e corruzione, quest’ideologia secondo la quale devono comandare “i meritevoli” o “i migliori” sembrerebbe essere una specie di panacea in grado di risollevare le sorti nazionali.

In questo breve pamphlet appena pubblicato da Eleuthera Francesco Codello, ex insegnante e dirigente scolastico, nonché membro dell’European Democratic Education Community, ci racconta come e dove è nato questo concetto, lo decostruisce nei suoi elementi fondanti e ne dimostra l’incoerenza teorica. Ci argomenta del perché anche le più note teorie politiche – dal socialismo di stato passando per la socialdemocrazia, il contrattualismo, il liberalismo classico – non riescano a conciliare “l’aristocrazia del talento” con la questione della giustizia sociale. Utile nell’alimentare il superego dei vincenti e soprattutto nel demoralizzare i perdenti, l’idea meritocratica favorisce l’interiorizzazione di un essere sociale atomizzato, competitivo e diseguale. Insomma la meritocrazia è il perfetto “fumo negli occhi” per far finta di cambiare tutto senza cambiare nulla.

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