Tilar Hout

barbara galante | Giugno, 2020 | them


Tilar Hout è stato un progetto di riqualificazione di uno spazio molto simile a una discarica a cielo aperto, una spiaggia di un hotel di Hammamet, occupata da spacciatori, alcolisti e un numero sconsiderato di wc in ceramica bianca abbandonati.
È nata come una fusione tra un gioco e una sfida, poco più che ventenni Enis e Barbara, una giovane coppia che nella primavera del 2015, sono saliti su un aereo diretto a Tunisi, con un’ora di macchina per giungere ad Hammamet avevano già cominciato a respirare un’aria calda e carica di progetti, armandosi di pennelli e vernici avevano affiancato i falegnami che costruivano il progetto del loro caro amico architetto Andrea Zanzini. Dopo pochi mesi vedeva la luce una capannina blu in riva al mare, immersa tra una vegetazione di yucche e banani, che inizialmente si era proposta di fare piccola ristorazione da spiaggia, ma con le sapienti doti culinarie di Sandra, mamma di Enis, che stava a capo della cucina il passo fu breve per espandersi a una cucina di pesce tradizionale e succulenta che ammaliava tutti gli avventori, d’altronde il nome Tilar Hout nel gergo dei pescatori di Hammamet indica la cassetta di pesce. Pian piano la voce si era sparsa, una combinazione di elementi li avevano improvvisamente resi popolari, dal cibo alla musica, passando per l’allestimento degli spazi, nel 2017 era diventato uno dei locali di cui si parlava fino a Tunisi.

Lo stesso anno avevano creato Disco Babour (con il termine “babour” si intende la tipica imbarcazione utilizzata per le tratte clandestine che collegano la Tunisia all’Italia) in collaborazione con l’amico tunisino, Bilel Ben Romdhane, una rassegna di eventi musicali che vedevano come protagonisti artisti italiani e tunisini, con l’intento di creare un ponte culturale tra i due Paesi. Questi eventi avevano riscosso grande successo, al punto da estendere la notorietà di Tilar fino a Sfax (200km da Hammamet).
Così Tilar Hout era diventato “The place to be”, il telefono non smetteva mai di squillare, le prenotazioni venivano prese a distanza di 2 o 3 settimane e ragazze e ragazzi cercavano gli angoli più instagrammabili.

Nel corso dei 5 anni Tilar è stata anche la casa di una comunità di gatti randagi che venivano nutriti, curati e amati, e qualche volta dati in adozione*. Ed ha inoltre dato lavoro e amicizia ad alcuni reietti della società o immigrati di colore (perché il razzismo esiste anche in Nordafrica).
Come ogni cosa ai tempi del Covid, Tilar ha subito un arresto, per l’estate 2020 non aprirà i suoi ombrelloni per una serie di ragioni anche legate a incomprensioni con la proprietà dello spazio e con lo stesso comune di Hammamet, che ha deciso per questioni di “decoro” di eliminare tutta la lussureggiante vegetazione circostante.
“Tilar per noi è stato un mix di amore e stress, amore perché ci ha permesso di creare, sperimentare e migliorare sia dal punto di vista professionale che personale, e stress perché ci ha messo alla prova in situazioni ai limiti dell’ingiustizia o dell’assurdo.”


La speranza di Enis e Barbara è quella di poter trovare per il 2021 un nuovo spazio, magari più brutto e più sporco del precedente, e donargli nuova linfa..nel frattempo si sono trasferiti nella splendida città di Barcellona.

*adozioni ancora attive, per info rivolgersi ai social Tilar Hout :)

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