Consigli di lettura

Pablito El Drito | Gennaio, 2024 | them


Rediker e Lester, Sotto il vessillo di re morte, Eleuthera

Marcus Rediker, docente all’Università di Pittsburgh, è uno storico che ha dedicato buona parte delle sue ricerche alla storia sociale, delle classi subalterne e delle culture “altre”. Di alcune sue opere come Storia sociale della pirateria (Shake, 2015), Canaglie di tutto il mondo. L’epoca d’oro della pirateria (Eleuthera, 2011) o più recentemente Il piantagrane: storia di Benjamin Lay (Eleuthera, 2019) ho già avuto modo di esprimere giudizi più che positivi. Sotto il vessillo di re morte, appena pubblicato da Eleuthera, è un’anomalia sia nel catalogo della casa editrice, sia nella produzione dell’autore. Non si tratta infatti di un saggio di storia, ma di una graphic novel realizzata in coppia con il disegnatore David Lester. Il “romanzo a fumetti” ambientato agli inizi del dicieottesimo secolo e appena uscito per l’editore milanese racconta le vicende di John, ex schiavo afroamericano fuggito da una piantagione, di Ruben, proletario di mare olandese e di Mary, che si finge uomo per poter sopravvivere sulle navi. I tre si ammutinano insieme all’intero equipaggio di una veliero che comincia a battere bandiera pirata. L’ordine tirannico e disumano del capitano Skinner da quel momento viene sostituito da nuove regole sindacate in maniera assembleare tra gli ammutinati. La loro vita resta dura e difficile, ma viene vissuta in base a nuovi paradigmi quali elezione diretta del capitano, mutuo soccorso e equa distribuzione del bottino. Un vero e proprio mondo alla rovescia, che mettendo in discussione l’ordine sociale cristallizzato e immutabile tipico della società occidentale settecentesca, le autorità – statali e mercantili – non possono tollerare a lungo. Crudo e realistico – nonostante una forte idealizzazione e stilizzazione dei personaggi – Sotto il vessillo di re morte è un elogio fumettistico a tutti gli intrepidi ribelli che, sfidando l’autorità, si sono alleati sotto la bandiera del Jolly Roger.

John Crawley, Lo Yankee. La mia vita da ex-marine dell’IRA, Milieu

Milieu da tempo si dedica al memoir, cioè al racconto in prima persona di protagonisti di rivolte individuali o collettive. Il testo appena tradotto, pubblicato nella collana ombre rosse appartiene al secondo tipo di narrazioni. Infatti l’autore e protagonista John Crawley, nato a New York da genitori irlandesi, torna quattordicenne nella terra d’origine dei parenti. Appassionatosi alla lotta dei repubblicani irlandesi contro gli inglesi rientra negli USA e si arruola nei Marines, entrando a fare pareti di un corpo di élite. Fresco di un tostissimo addestramento militare lascia una brillante carriera come ufficiale nell’esercito tornando in Irlanda dove trova il modo di unirsi all’IRA. Per l’esercito repubblicano irlandese svolge numerose missioni: non solo agguati ai soldati inglesi, ma anche la creazione di una rete di contatti negli USA che condurrà al contrabbando internazionale di armi in Irlanda, un’operazione molto delicata, portata a termine entrando in contatto con il boss della mala di Boston Whitey Bulger. Condannato a dieci anni di carcere in seguito a una delazione, Crawley appena esce ricontatta l’organizzazione progettando un’operazione di grande valore strategico per colpire al cuore l’occupante inglese. Il libro “funzionerebbe” anche solo per il ritmo con cui sono narrate le vicende personali o del nucleo di sodali del protagonista – addestramento, missione, carcerazione – ma John Crawley non si limita a questo. Infatti il suo scritto non solo è molto utile per capire quanto avveniva nell’IRA dai primi anni ottanta fino agli accordi di pace del 1998 – il periodo in cui Crawley ne era una primula rossa – ma affronta anche la storia precedente del repubblicanesimo irlandese, arrivando alle sue origini alla fine del settecento. Un libro avvincente che va ad arricchire il catalogo di Milieu edizioni.

Nicola Erba, La banda dovunque, Milieu

A fine anni quaranta in Italia la rapina diventa uno sport nazionale, raggiungendo livelli tecnici e organizzativi sconosciuti fino ad allora. Facilitate dall’ampia disponibilità di armi ereditate dalla guerra di liberazione, dall’internazionalizzazione del crimine e dalla ripresa economica alcune bande cominciano a professionalizzarsi, a fare un salto di qualità. La prima di queste, secondo la ricerca storica condotta da Nicola Erba su fonti giornalistiche, di tribunale e orali e pubblicata ora da Milieu, è la Banda Dovunque. Composta da gangster spregiudicati che si muovevano in auto di grossa cilindrata da una città del nord all’altra, ha messo a segno una serie di colpi che hanno saputo colpire l’immaginario collettivo – amplificato dai titoloni dei quotidiani – della fine degli anni quaranta. La vicenda della banda si interseca anche con il ribellismo diffuso che coinvolge i ceti proletari e sottoproletari delusi dalla “liberazione incompiuta” dallo sfruttamento padronale, anche perché due dei suoi aderenti saranno accusati di fare rapine per finanziare progetti eversivi. Sullo sfondo un PCI milanese agitato dalla sinistra bordighista e dalle spinte di un oltranzismo antifascista, l’intravedersi del boom economico cui fece da volano il piano Marshall e la nascita del mito poplare del gangster, come testimonia l’apparato fotografico in cui abbondano gli articoli dei quotidiani del tempo. Ben documentato e scritto, è un testo utile per comprendere il passaggio dalla mala romantica a quella più professionale che terrà banco per un decennio e oltre, raggiungendo il culmine della popolarità con la leggendaria rapina di via Osoppo.

Stefano Spataro, Cyberfreejazz, la nuova carne

I personaggi di Cyberfreejazz sono musicisti la cui attività è stata vietata da una legge poliziesca, i quali si vedono costretti a performare solo negli ambienti artificiali e iperrealistici delle rete. Ma anche nei più trucidi e sotterranei mondi virtuali le loro performance sono controllate dalla polizia o da un’ambiguo – quanto retorico – movimento di resistenza pseudoanarchico. In questo contesto estremamente straniante, in cui chi rimane troppo connesso rischia di diventare “tossico” o di incappare il letali virus informatici, si dipana la vicenda di Cole, sassofonista nero talentuoso quanto rissoso. Il racconto lungo o romanzo breve è figlio della pessimistica “visione rock” di John Shirley, delle suggestioni cyberdeliche di Existenz di Cronemberg e dell’estetica paranoica di Johhny Mnemonic, pellicola ispirata a un racconto di William Gibson. Veloce e fumettoso.

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