Us Them Talk speciale Sanremo
Massimiliano Scaglione | Febbraio, 2025 | them
Lo so, non ve lo aspettavate, ma anche noi quest’anno scriviamo di Sanremo.
Forse perché alla vigilia si parlava del festival della restaurazione, diverso dalle precedenti edizioni, con Povia, Ruggeri e addirittura l’ologramma di Claretta Petacci come co-conduttrice. Forse perché ci aspettavamo un po’ di gossip che distraesse l’opinione pubblica dai problemi ben più seri che imperversano in questo momento. Forse perché questa kermesse ogni anno ci regala uno spaccato socio-antropologico dell’Italia, che a volte ci sorprende.
La cosa meno sorprendente di questa edizione appena terminata è il vincitore; d’accordo che nessuno se l’aspettava, d’accordo che le masse e il pubblico dell’Ariston invocavano Giorgia e un ormai sobrio Achille Lauro, ma quanti hanno votato Berlusconi e poi lo hanno negato?
“Volevo essere un duro” credo sia stato il mantra che il conduttore Carlo Conti abbia ripetuto a se stesso nei giorni precedenti l’evento e credo ci sia riuscito. Oltre a bombardarci costantemente con il jingle nazional-popolare “Tutta l’Italia, tutta l’italia, tutta l’Italia…” composto da un non più meshato Gabry Ponte, ha diretto il festival con passo marziale, un occhio al cronometro e un altro allo share, parafrasando forse il titolo della canzone di Lucio Corsi, non solo a mio parere, vera sorpresa del festival.
A volte Conte è sembrato poco accomodante con i cantanti, ma probabilmente siamo stati male abituati dalla precedente gestione o semplicemente, da buon statalista, ha preferito dare spazio alle canzoni e al palinsesto dell’azienda, sfoltendo il carrozzone montato da Amadeus. Nome quasi impronunciabile, perfino nei pochi momenti di comicità scaturiti con la co-conduttrice Katia Follesa, pimpante nelle battute iniziali con Conti, meno con Simon Le Bon, e neppure con Nino Frassica, che comunque qualche risata ce l’ha strappata.
Tragicomica invece la performance con il povero Cristiano Malgioglio, umiliato in eurovisione, durante un terribile sketch-intervista doppia con l’energica Bianca Balti, al quale Conti domanda “Qual è la prima cosa che guardi in una donna?”. Malgioglio farfuglia qualcosa imbarazzato e la performance prosegue finché, quasi in lacrime, sbotta facendo il vago con un “io comunque sono molto felice di essere qui!” o una frase di circostanza del genere. Momento molto basso, ignorato e insabbiato da qualsiasi palinsesto e commento da tastiera.
Toccato il grottesco anche con Gerry Scotti, ex radio dj, ex P.S.I., quota par condicio di Marina e Piersilvio, che alle 23 già aveva sbracato mentre Antonellona Clerici, abbracciata da tutti per via del fanta sanremo, per deformazione professionale, ha dispensato alle prime file un paio di piatti di trofie al pesto in una delle tante marchettazze alla regione Liguria.
Mahmood se stava a morì per essere presente, graffiante la Cucciari, le altre due co-conduttrici Leone e Lamborghini molto sotto tono. Inutile Cattelan, che non regge il paragone con nessuno dei Fiorello delle passate edizioni. Mitica la boomerissima Alessia Marcuzzi, sempre più nel suo nuovo personaggio, che non tutti ancora hanno compreso.
Ma veniamo alla gara. Ha vinto Olly, un ragazzone genovese cresciuto nel vivaio sanremese, come dicevamo, non una sorpresa se si tratta di un festival della restaurazione. È stato così anche in passato, soprattutto nelle edizioni del cambio generazionale durante i novanta, quando il direttore artistico era Bippe Baude, o durante la prima guida Conti con Francesco Gabbani.
Olly ha interpretato una canzone tipicamente sanremese, una ballata romantica che definirei da menagramo, non me ne vogliano i suoi fan, che già pregustano l’Eurovision Song Contest.
Al secondo posto si è piazzato Lucio Corsi. Dopo il primo giorno mi sono reso conto che chiunque incontrassi faceva il tifo per lui. Ha presentato una canzone un po’ manierista, ma riuscita, un misto tra Ivan Graziani, Rino Gaetano e qualcosa dell’amara ironia del sommo poeta Fabrizio De Andrè. Ho detto amara ironia mica che Tony F e Mozart sono colleghi! Evito di spendermi in altri elogi, perché credo che in futuro si parlerà ancora di lui.
Terzo è arrivato Brunori Sas, che non mi fa impazzire, ma mi ha sorpreso il suo piazzamento con un’altra canzone cantautoriale che sembra una cover di De Gregori. Al quarto posto è arrivato lui, il re dei bamboccioni Fedez, con un pezzo discutibile, scritto da adolescenti, che è riuscito nonostante gli ultimi scandali a esercitare ancora una certa influenza sui suoi fan. Poi c’è Cristicchi che, guarda caso, anche lui ha vinto in un’altra edizione restaurazione, quella del 2003 (Bippe/Hunziker, gomblotto), altro brano impegnato in linea con quelli presentati nelle passate edizioni a cui ha partecipato.
Al sesto e settimo posto ci sono i grandi perdenti, il redento Lauro e Giorgia, fuori dal podio perché nel calcolo finale dei voti era esclusa la serata delle cover vinta dalla cantante romana in coppia con la prezzemolina Annalisa. La canzone portata in gara fa esprimere al massimo le qualità canore della veterana, ma c’è da dire: “a Gio’ pure te però fai sempre la stessa canzone..”. Il penitente Achille invece fa sfoggio delle sue migliori doti di sbiascicatore, proponendo l’ennesima ballata romantica della lista, in linea con la nuova tendenza “me faccio i tatuaggi da carcerato in faccia e poi canto le canzoni sensibili”.
La classifica prosegue con Gabbani, gabbato nel piazzamento, ma sempre in presa a bene con la sua “Viva la vita”, Irama che ancora non ho capito se vuole assomigliare a Bon Jovi o a Grignani, e poi Coma_Cose arrivati decimi, bel look ma la canzone è terribile e purtroppo credo ci bombarderà fino all’estate.
Dall’undicesimo al ventesimo posto ci sono: l’altro ligure in gara Bresh, che giustamente per non essere da meno nella serata delle cover canta Crêuza de Mar con Crisitano de Andrè. Elodie, alla quale dovrebbero iniziare a scrivere canzoni migliori, che ha sfoggiato splendidi abiti e al termine del festival ne aveva per tutti e di più. Noemi non pervenuta, The Kolors sono risultati leggermente ripetitivi, ma, a mio parere, la loro è stata la migliore cover “Rossetto e Caffè” con Sal Da Vinci, mostro sacro del neomelodico. Rocco Hunt è la parodia di se stesso e Willi Peyote l’unico con una canzone veramente orecchiabile. Sarah Toscano, a me sconosciuta, rappresenta le immancabili quote di Amici di Maria. Shablo feat Guè, Joshua e Torme, che sul palco dell’Ariston c’era già stato, inaspettatamente bene. Polifemo sembrava quello di “Sacre Scuole”, ma sto ancora cercando di capire come il produttore Italo/argentino sia il capogruppo della cordata, senza essere un cantante. Chiudono la seconda decina Rose Villain, che deve aver preso delle lezioni di canto dallo scorso Sanremo; solo ventesima l’attesissima e brava Joan Thiele, con un pezzo dalle sonorità che ricordano Amy Winehouse.
Tra gli ultimi nove a sorpresa finiscono i giovani Gaia, Clara, Rkomi e Tony Effe che se pensava de esse er Califfo e torna a casa con un pugno di mosche. Poi Francesca Michielin, quota di Xfactor, che si è fatta male la prima sera, emula Elisa o la Pausini interpretando una canzone già ascoltata mille volte, come quella dei Modà. Serena Brancale sale sul palco sfoggiando un set di synth che però non sembrano essere attaccati alla corrente. Sempre in questo gruppo i dinosauri: Massimo Ranieri che canta una canzone con un bell’arrangiamento di Nek e Tiziano Ferro, ultimo meritato posto quello di Marcella Bella, con una canzone che ricorda vagamente alcuni slogan di stampo meloniano.
Tra gli ospiti spiccano Che Guepapa Francesco generato con l’IA, Benigni, Angela figlio e una serie di sportivi che mantengono alto l’orgoglio nazionale. I cantanti invitati sono Noa e Mira Award chiamate per fare la pace tra palestinesi e israeliani sulle note di “Imagine”; Damiano e Vittoria dei Mâneskin, lui da solista canta Lucio Dalla, lei insieme a degli imbolsiti Duran Duran; poi Bennato, Venditti, e finalmente Iva Zanicchi per dare un po’ di soddisfazione a chi si aspettava un festival di regime. Jovanotti unico superstite tra gli amici di Ama.
Tanti i brand in gara, i look curati da Alessandro Michele by Valentino per Coma_Cose, quelli di Chanel per Joan Thiele che nell’ultima serata entra in scena con un elegantissimo body, un mantello nero brillante e chitarra al collo. Elodie la prima sera sfoggia un vestito cromato di Prada ispirato ad una collezione del 2009, il criticatissimo “cartoccio” a noi è sembrato invece mitologico e spaziale allo stesso tempo. Giorgio Armani Privé ha vestito Gaia nella serata delle cover, un abito provocante alla malefica, non molto in linea con la canzone “La voglia la pazzia” in duetto con Toquinho, ma sicuramente tra i suoi look migliori. La seconda serata Miriam Leone si aggiunge alla lista con un voluminoso abito rosso della maison Giovanbattista Valli insieme a quello di Yanina Couture per Elettra Lamborghini. Sul versante Maschile gli outfit D&G del probo Lauro fanno faville come i brillocchi Tiffany & Co. di Tony Effe. Conti invece ha sfoggiato un sobrio look da direttore d’albergo e Cattelan vestito da Brunello Cucinelli in giacca di velluto rosso, sembrava il suo Lobby boy.
Nonostante la svolta reazionaria, con tanto di top 5 al maschile, anche quest’anno la settimana del festival era ricca di eventi paralleli. In primis quelli organizzati dai cantanti in gara nei rispettivi quartieri generali. Scelta questa che rompe con la tradizione di alloggiare gli artisti nell’Hotel del Casinò e da lì non usciva né entrava nulla che il direttore Artistico non volesse. Già dalle prime edizioni del 2000 si è provato a scardinare questo dogma con l’organizzazione di eventi sotto il nome di Sanremoff. Ma è stato proprio sotto la precedente gestione che questo fenomeno ha preso piede, trasformando la competizione in un evento ancora più mondano, dove le case discografiche e gli sponsor organizzano feste e festini in giro per i locali della città. Sempre maggiore quindi è l’affluenza del pubblico che viene per assistere e partecipare a questi eventi, ignorando totalmente la gara. Molti sono i dj e gli artisti coinvolti, chissà se anche al Festival di Sanremo toccherà la stessa sorte del Salone del Mobile, inglobato nella più trendy Design Week, superato ormai dalla fama degli eventi del Fuorisalone.