Yes, in my garden

marta arniani | Luglio, 2012 | them


Sembra che nel XVII e XVIII secolo Hackney fosse un polo di riferimento per il mercato delle piante, un’area traboccante di serre e piantagioni. Oggigiorno questo quartiere dell’East London sta recuperando – di pari passo con l’avanzare della gentrificazione e della moda green – questa parte della propria storia.

Il polo della coscienza green di Hackney è il Dalston Eastern Curve Garden, un giardino nascosto che si schiude in Dalston Lane dove prima sorgeva uno scalo ferroviario. Nello spazio allungato crescono alberi da frutto, aromi e verdure, mentre una tettoia di legno ospita iniziative di vario tipo, anche culinarie, grazie al forno d’argilla che troneggia in un angolo. Tra gli ospiti fissi ci sono i ragazzini delle scuole attorno, che qui imparano i rudimenti del giardinaggio e si sperimentano in cucina, mentre gli adulti fanno visite guidate al giardino o collaborano direttamente al suo mantenimento. La creazione di questa piccola oasi verde è stata resa possibile nel 2009 dal festival Design for London, che con l’iniziativa Making Space in Dalston ha creato le giuste sinergie per soddisfare l’anno successivo una richiesta di lunga data degli abitanti della zona, rendere quel vecchio scalo abbandonato un polmone verde aperto a tutti.

Una task force che arruolava designer e liceali ha sistemato l’area, preservando parte della flora che si era sviluppata autonomamente al suo interno, mentre la gestione dello spazio è affidata ad altre realtà locali, tra le quali il vicino Arcola Theatre e la cooperativa per lo sviluppo di Hackney.

Ma Dalston Lane riserva altre sorprese: usciti dal Dalston Garden basta fare pochi metri per trovarsi a FARM:shop, un’intera palazzina dedicata all’arte della fattoria urbana. Nel locale è infatti possibile comprare germogli di piante, uova (dal loro recinto al primo piano le galline godono di un’ottima vista sulla strada) e fare colazione con prodotti bio. All’ingresso troneggiano le vasche dell’aquaponic, un sistema che combina l’allevamento dei pesci con l’idrocoltura pompando l’acqua sporca che danneggerebbe gli animali nella vasca delle piante, dove diventa un ottimo fertilizzante. Il sistema sta prendendo sempre più piede ed è al centro di numerosi workshop in giro per la città. La fattoria su tre piani è nata nel marzo del 2011 ed è il sintomo di una rinnovata coscienza green, che nella metropoli inglese è resa più fattibile che altrove dall’alto numero di giardini privati: basta coltivare due metri quadrati di terra per sentirsi meno spersi nel traffico e riguadagnare quel contatto diretto con la natura e la manualità che l’asfalto tende a ingurgitare. Una sola pianta di fiori può far molto per l’ecosistema locale: “bee friendly” sostiene l’associazione Hackney Friends of the Earth, che ha convinto il municipio locale a sostenere le sue iniziative per rendere Hackney un porto sicuro per le api della città. Per l’azione combinata di inquinamento ed espansione edilizia la popolazione di alcune sottospecie è infatti calata dagli anni Settanta fino al 70%. “Immaginate di non mangiare più frutta e miele” dicono gli attivisti dal loro tavolo al Broadway Market, spiegando come e quali piante allevare per sfamare le api. Nel tratto di strada che separa l’umile mercato di Kingsland da quello hipster di Broadway si snoda un percorso green sempre più importante nel determinare l’identità di Hackney.  Chi abita nella zona la trova una fisiologica reazione alla vita in città, e pensa che le unghie sporche di terra siano il punto di partenza per un’autocoscienza più autentica: c’è da sperare che almeno a livello locale l’ondata green sappia tenere insieme le varie anime del quartiere e non diventi un costoso passatempo per pochi.

(Si ringrazia Christian Oxenius per l’istruttiva gita ad Hackney. Pictures credit: Marta Arniani)

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